LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile avente ad oggetto 1'opposizione a delibera di ingiunzione della CONSOB numero 17118 del 30 dicembre 2009, nei confronti di Scanferlin Mario e di COFITO S.p.a.; Vista la propria sentenza non definitiva, pronunciata in data odierna, e provvedendo all'ulteriore corso della causa in relazione alla opposizione concernente il capo n. 3 della delibera, con il quale e' disposta la confisca di titoli azionari e obbligazionari per un controvalore di euro € 20.723.331, ai sensi dell'articolo 187-sexies del d.lgs. 58/98 (t.u.f.); Osserva La CONSOB ha disposto la confisca di cui sopra avendo applicato, nei confronti di Mario Scanferlin e della COFITO S.p.a., la sanzione amministrativa pecuniaria di € 1.800.000 ciascuno, rispettivamente per la violazione degli articoli 187-bis e 187-quinquies del testo unico, per abuso di informazione privilegiata. Tale confisca ha per oggetto «il valore economico delle azioni costituente il prodotto dell'illecito contestato, equivalente alla somma dei valori dei beni utilizzati e del profitto conseguito» ed ingloba sia il valore corrispondente alla somma di denaro impiegata per acquistare le azioni, pari a euro 19.255.857, sia il profitto realizzato dalla rivendita delle azioni stesse, pari a euro 1.467.474. Le parti opponenti propongono uno specifico motivo di opposizione avverso tale capo della delibera. Esse dubitano della legittimita' costituzionale della disposizione di legge applicata, per contrasto con gli articoli 3 e 27 della Carta fondamentale. La Corte ritiene che la questione cosi' sollevata sia rilevante in quanto, essendo ravvisabili gli estremi della contestata violazione, come ritenuto con sentenza non definitiva pronunciata in data odierna, risulta obbligatoriamente applicabile la confisca in questione, non solo con riferimento al profitto dell'illecito amministrativo, ma anche con riferimento al prodotto ed ai beni utilizzati per commettere l'illecito stesso. Il comma secondo dell'articolo 187-sexies, citato, prevede che qualora non sia possibile eseguire la confisca in modo diretto, questa debba essere obbligatoriamente sostituita dalla confisca di somme di denaro, beni o altre utilita' di valore equivalente. Ad avviso della Corte non e' sostenibile un'interpretazione restrittiva, che consenta di escludere siffatta confisca, con particolare riferimento ai beni e comunque ai mezzi economici corrispondenti non gia' al profitto dell'illecito, ma anche al controvalore dei titoli che sono stati movimentati nell'ambito della condotta ritenuta di rilievo. Nel caso di specie, cio' comporta che per una violazione che ha determinato un profitto di € 1.467.474, sia disposta la confisca di titoli e comunque valori mobiliari per euro 20.723.331. L'eccezione sollevata dalla difesa appare non manifestamente infondata, con particolare riferimento alla obbligatorieta' della confisca in questione, sotto entrambi i profili dedotti. Nonostante si tratti di previsione a titolo di confisca, e quindi istituita nei termini di una misura in senso lato preventiva, e' palese che la conseguenza a cui l'ordinamento in tal modo perviene riveste un carattere sostanzialmente sanzionatorio. E' affatto palese la sproporzione che il sistema in tal modo introduce fra l'entita', pur rilevante, della sanzione amministrativa edittale e questa ulteriore conseguenza sanzionatoria, che finisce per essere totalmente disancorata da parametri riferibili alla gravita' in concreto della fattispecie e non consente al giudice alcuna graduazione, analoga a quella che e' invece al medesimo demandata in relazione alla determinazione in concreto della sanzione in senso proprio. Occorre ad avviso della Corte tenere anche conto del dato fattuale che evidenzia come, nella particolare materia, sia non infrequente il caso in cui al conseguimento di un profitto non particolarmente ingente faccia da corredo l'utilizzazione di mezzi economici, in definitiva di valori da confiscare obbligatoriamente, per importi invece molto consistenti e, soprattutto, totalmente disancorati dal rapporto proporzionale con il profitto stesso. Tutto cio' induce a riconoscere non manifestamente infondata l'eccezione sollevata, sia sotto il profilo della palese irragionevolezza della sanzione che viene in tal modo comminata, rilevante ex articolo 3 Cost., sia in relazione al principio di proporzionalita' enucleabile dall'articolo 27 della Carta fondamentale. Non si ritiene fondata l'obiezione che fa leva sul riferimento specifico al sistema sanzionatorio penale di quest'ultima disposizione, giacche' la garanzia costituzionale sembra piu' ampiamente riferibile alla proporzionalita' della risposta sanzionatoria ordinamentale, da intendersi nella sua portata sostanzialmente punitiva, al di la' dello specifico riferimento alla applicabilita' della medesima per il tramite del processo penale.